Assemblea dei docenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno

– 30 giugno 2010 –

Il giorno 30 giugno alle ore 14,30 al termine del Consiglio di Facoltà si è tenuta l’assemblea dei docenti di Lettere e Filosofia per discutere le modalità di protesta da attuare nel mese di luglio contro il DDL Gelmini, in discussione al Parlamento dopo gli emendamenti votati nella VII Commissione Cultura del Senato presieduta da dal Sen. Valditara, e contro la manovra finanziaria che colpisce duramente l’Università. La convocazione dell’assemblea era stata chiesta dal Preside nel Consiglio di Facoltà, tenutosi poco prima, e da 39 ricercatori che hanno letto un documento presentato in Consiglio (All.1).
Nel corso dell’assemblea i docenti e gli studenti hanno discusso la mozione votata nell’assemblea dei docenti della Facoltà di Ingegneria in cui è stata dichiarata la sospensione degli esami di profitto e di laurea dal 28 giugno all’11 luglio (All.2).
Al termine di un’ampia discussione l’assemblea ha manifestato il pieno appoggio alla mozione dei colleghi della Facoltà di Ingegneria e, a maggioranza (67 a favore, 10 contro, 7 astenuti), ha deciso di:
– dichiarare lo stato di agitazione permanente fino alla conclusione dei lavori parlamentari per l’approvazione della manovra finanziaria;
– sospendere gli esami di profitto e di laurea dal 1 all’11 luglio;
– valutare ulteriori forme alternative di protesta che possano coinvolgere l’intero Ateneo;
– intraprendere iniziative tese a trasmettere all’esterno la missione dell’Università nella società della conoscenza per la produzione e trasmissione del sapere, le sue molteplici attività e il senso della protesta;
– di riconvocarsi giovedì 8 luglio, possibilmente insieme ai colleghi della Facoltà di Ingegneria, per valutare gli sviluppi che si saranno avuti nel frattempo.

Allegato 1
COMUNICAZIONE DEI RICERCATORI AL CONSIGLIO DI FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DELL’UNIVERSITÀ DI SALERNO DEL 30/06/2010
Letto ed approvato dal CdF

Cari colleghi e studenti,
rispetto a quando è iniziata la protesta, i motivi della mobilitazione dei ricercatori non solo rimangono intatti, ma anzi risultano rafforzati. Il testo licenziato dalla commissione Valditara, con modifiche non sostanziali, rimane pessimo e irricevibile. Si prevede che il disegno di legge venga discusso in Senato nel mese di luglio; crediamo dunque che questo sia il momento per rendere più incisiva la mobilitazione degli Atenei.
Al ddl Gelmini-Tremonti si è aggiunto l’impatto, devastante sui nostri salari, della Finanziaria: noi siamo fra le categorie più colpite in assoluto, non solo nei prossimi tre anni, ma per l’intera vita lavorativa. A puro titolo di esempio, un ricercatore neoassunto con una retribuzione netta mensile di 1300 € subirà una perdita retributiva netta di circa 11.000€ nel triennio 2011-2013; un ricercatore di 30 anni neoassunto nell’intera sua vita lavorativa subirà una perdita di circa 125.000€. Un professore associato di 43 anni, con una anzianità ricostruita di 7 anni nel ruolo, avrà una perdita retributiva netta di circa 9.000€ nel triennio 2011-2013 e di circa 145.000€ nell’intera sua vita lavorativa. Un professore ordinario di 67 anni, con una anzianità ricostruita di 34 anni nel ruolo, avrà una perdita retributiva netta di circa 10.000€ nel triennio 2011-2013. A tutto ciò si aggiunge il blocco triennale degli adeguamenti al costo della vita come avviene per tutti gli altri dipendenti pubblici. Più in generale, oltre all’ulteriore abbassamento dei salari (già fra i più bassi d’Europa) previsto dalla Finanziaria, si prefigura, con il ddl Gelmini, una vera e propria dismissione dell’Università pubblica, con conseguenze deleterie per tutti, in primo luogo per gli studenti, e con una definitiva chiusura dell’accesso all’Università per i moltissimi precari che da tempo lavorano anche nel nostro ateneo. Per l’anno accademico 2009/2010 è prevista la diminuzione del Fondo di Finanziamento dell’università di oltre un miliardo di euro, i fondi per le borse di studio si riducono di un terzo rispetto al 2009 e ci sarà un taglio per le spese delle missioni all’estero del 50%, una riduzione incompatibile con lo sforzo di internazionalizzazione che pure si chiede alle università.
Pensiamo che questa situazione, se colpisce in modo particolarmente duro i ricercatori, riguardi in realtà tutti coloro che lavorano all’Università, e quindi anche i professori ordinari e associati oltre, ovviamente, agli studenti. Ricordiamo che il nostro Consiglio di Facoltà il 21 aprile scorso ha approvato una mozione in sostegno alla protesta, dichiarando in particolare che i professori ordinari e associati non assumeranno incarichi superiori a quelli previsti per legge. Anche il Senato Accademico ha duramente criticato il ddl e appoggiato la protesta dei ricercatori. Lo stesso documento sottolinea altresì la necessità di salvaguardare le famiglie e gli studenti. Tale necessità è sacrosanta. Tuttavia, nella fase attuale, se la difesa degli interessi “immediati” di famiglie e studenti si traduce unicamente in una volontà di tenere aperti i corsi a tutti i costi, ciò genera inevitabilmente una situazione di stallo e di ambiguità: da un lato il corpo docente, convinto della necessità di modificare radicalmente il decreto legge e di contestare la manovra finanziaria, è disposto a far emergere la drammaticità della situazione; dall’altro la volontà degli organi accademici di tenere aperti i corsi rischia di rendere poco efficace la protesta.
È evidente che, in questa fase cruciale, solo con una protesta forte che renda concretamente visibile la mobilitazione sarà possibile esercitare una pressione sul governo. Muovendosi in questa direzione i ricercatori salernitani hanno deciso di assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, intraprendendo iniziative di lotta anche plateali. Questa posizione, del resto, presenta un carattere nazionale, essendo sostenuta con fermezza dal Coordinamento nazionale dei ricercatori. I colleghi del Politecnico di Torino hanno avviato un censimento di tutti i ricercatori che si sono dichiarati indisponibili alla didattica. Sino ad oggi sono stati censiti 12.742 ricercatori di 236 facoltà: 8.136 si sono resi indisponibili. A Salerno alta è l’adesione dei ricercatori alla mobilitazione nelle Facoltà di Farmacia, Ingegneria, Scienze Matematiche e Fisiche, Economia, Scienze Politiche e Lettere e Filosofia; ad oggi la percentuale di adesioni è del 67% in tutto l’ateneo; nella Facoltà di Lettere hanno aderito 39 ricercatori su 69 (il 56%). A Ingegneria l’Assemblea dei docenti, alla quale hanno partecipato il 70% dei ricercatori e dei professori tra i quali il Preside e il Rettore, ha deciso di sospendere gli esami per due settimane dal 28 giugno all’11 luglio, riservandosi di valutare la possibilità di proseguire con questa protesta anche successivamente. Analoga scelta, giova ricordarlo, è stata fatta dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”. Varie facoltà e università (ad esempio, Cassino e Pisa) hanno già dichiarato che il prossimo anno accademico non potrà partire; altrove (Napoli Federico II, Napoli Parthenope, SUN, Sannio, Bari, Roma “La Sapienza”) il corpo docente ha dichiarato la sospensione delle attività didattiche; l’associazione Universitas Futura sta raccogliendo le firme di professori associati ed ordinari per la ricerca e a sostegno dei ricercatori universitari; circa cento professori tra i quali Gustavo Zagrebelsky e Gianni Vattimo, hanno lanciato un appello per rompere il silenzio contro chi mira a cancellare l’università pubblica e la stessa cultura italiana. Di fronte a tale situazione tutti noi dovremmo decidere se continuare ad assistere da spettatori o agire in maniera concreta.

Allo stato attuale, visto quanto sta accadendo in Italia ed anche nel nostro Ateneo, noi ricercatori di questa Facoltà, nel ribadire il fermo rifiuto a tenere corsi nel prossimo anno accademico, chiediamo al Consiglio
– di sospendere ogni decisione concernente l’offerta formativa;
– di esprimere al Senato la forte preoccupazione per l’inizio del prossimo anno accademico;
– di investire formalmente il Rettore della protesta della Facoltà contro il ddl Gelmini e contro la legge Finanziaria che rappresenta l’ultimo duro colpo al sistema universitario e che rischia di tagliare definitivamente le gambe alle giovani generazioni.
Chiediamo inoltre al corpo docente che invitiamo a riunirsi al più presto in un’assemblea aperta agli studenti così come avvenuto ad Ingegneria di stabilire le modalità di protesta che riguardano la sfera della didattica, inclusa l’eventuale sospensione degli esami di profitto.

Allegato 2
Mozione approvata dall’assemblea dei docenti della Facoltà di Ingegneria ell’Università degli Studi di Salerno del 24 giugno 2010 relativamente ai provvedimenti normativi e finanziari riguardanti l’Università.

I diversi interventi normativi, da parte dei Governi che si sono avvicendati alla guida del Paese negli anni, disegnano un quadro generale che vede l’Università sempre più soggetta ad attacchi tendenti a ridimensionare la missione di alta formazione, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico dell’ Università pubblica.
In particolare il DDL Gelmini per la riforma del sistema universitario, in discussione in Parlamento, non risolve il problema dell’invecchiamento del corpo docente. Anzi, esso ostacola l’ingresso dei giovani meritevoli in tempi brevi e ne prolunga inspiegabilmente il periodo di precariato (stimato in circa dieci anni), anche con l’istituzione dei ricercatori a tempo determinato. Infine, introduce organi di governo verticistici e un marcato ridimensionamento del potere del Senato Accademico rispetto a quello del Consiglio di Amministrazione e del Rettore. Di fatto, l’Università pubblica italiana sarà soggetta a logiche esclusivamente economiche a scapito di quelle culturali e scientifiche, che ne hanno invece contraddistinto nei secoli il punto di forza e di eccellenza. Tutti gli interventi normativi di “riforma” sono disegnati senza previsione di investimenti necessari a realizzare quanto previsto, ma confermando la tendenza a ridurne l’entità complessiva.
Le ultime leggi finanziarie sono state caratterizzate da consistenti e strutturali tagli al finanziamento degli Atenei pubblici, che il sistema non può sostenere, per poi intervenire con azioni compensative parziali e sperequative. In particolare vanno ricordati:
– il mantenimento dei tagli previsti dalla legge 133/2008, che porteranno nel prossimo futuro la maggior parte degli Atenei statali italiani al commissariamento;
– la legge 203/2008 (finanziaria 2009), che prevedeva un taglio di 730 milioni di Euro per l’anno 2010, in parte superato con una “una tantum” di 400 milioni di Euro;
– la legge 191/2009 (finanziaria 2010), che conferma gli stessi tagli.
L’entità del taglio al finanziamento è dunque di 1,3 Miliardi di Euro: si passa dai 7,3 miliardi di Euro del 2006 ai 6 miliardi di Euro per il 2012, con una riduzione di circa il 18%, senza tener conto degli effetti dell’inflazione e della perdurante crisi economica. Ciò in un contesto europeo in cui tutti i Paesi più avanzati, nell’ambito di manovre ben più importanti, aumentano in maniera significativa i finanziamenti all’Università.
In questo quadro, la manovra economica (DL n. 78 del 31 maggio 2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”) in discussione al Parlamento prevede anche un taglio complessivo della retribuzione dei docenti stimato dallo stesso Governo in 300 Milioni di Euro per il triennio 2011-2013 e in 543 Milioni di Euro per il triennio 2014-2016, producendo una riduzione strutturale complessiva di circa 1 Miliardo di Euro.
Pur non volendosi sottrarre ai necessari sacrifici imposti a tutti i cittadini dalla difficile situazione economica del Paese, si rimarca l’iniqua penalizzazione imposta ai docenti universitari: essi infatti, da soli, sosterrebbero il 2% dell’intera manovra pur essendo solo lo 0.2% della popolazione contribuente. Ad essi viene quindi richiesto un sacrificio circa 10 volte superiore a quanto mediamente richiesto agli altri contribuenti, palesando un carattere punitivo, sostenuto da luoghi comuni che tendono a rappresentare l’Università come luogo dell’arbitrio e del clientelismo generalizzato. La situazione è resa ancora più iniqua dalla circostanza che i sacrifici previsti, essendo perpetui, ricadranno in misura maggiore sulle spalle dei docenti più giovani e con retribuzioni minori. Anche i precari dell’Università vedono frustrate le loro legittime aspirazioni dal provvedimento della finanziaria che obbliga gli Atenei a cancellare il 50% dei contratti di ricerca in essere, per lo più finanziati con fondi provenienti da collaborazioni con il mondo dell’impresa privata. Inoltre l’estensione fino al 2015 delle limitazioni al turn-over introdotto dalla legge 133/08 renderà impossibile reclutare nuovi docenti e ricercatori in sostituzione di coloro che andranno in pensione, di fatto riducendo l’organico dell’università.
Tutti questi interventi tendenti a ridimensionare l’Accademia vengono giustificati con una valutazione negativa dei risultati prodotti da un’Università pubblica “sprecona e autoreferenziale”, non in grado di formare la classe dirigente né di produrre cultura e innovazione. Questo giudizio, peraltro, e’ difforme dalla reputazione di cui gode l’Università italiana in ambito internazionale, dove i suoi “prodotti” (laureati, pubblicazioni, brevetti ecc.) sono apprezzati e ricercati e dove sempre più spesso trovano accoglienza i “cervelli in fuga”. Questa paradossale diversità di giudizio rende improcrastinabile l’esigenza di definire un metodo di valutazione dell’operato dell’università che possa fornire elementi oggettivi sulla base dei quali andrebbero programmate le politiche di distribuzione delle risorse umane ed economiche.
Sulla base di questi elementi, l’Assemblea ritiene che le iniziative dei Governi che si sono avvicendati alla guida del Paese negli ultimi anni, l’ultima delle quali è il DDL Gelmini, siano del tutto inadeguate alle esigenze dell’Università pubblica italiana. Esse considerano infatti solo alcuni degli aspetti dell’organizzazione degli Atenei, dalle modalità di governo alle modalità di selezione dei docenti, ma non contengono elementi in grado di sostenere lo sviluppo del sistema universitario per mantenerlo competitivo con quelli dei Paesi europei più avanzati. Inoltre, gli effetti delle politiche economiche degli ultimi anni porteranno alla distruzione non solo materiale ma anche culturale ed organizzativa del sistema universitario, producendo nell’immediato futuro una perdita di competitività del sistema Paese che richiederà anni per essere recuperata.

L’assemblea, pertanto, decide di:
– dichiarare lo stato di agitazione permanente fino alla conclusione dei lavori parlamentari per l’approvazione della manovra finanziaria;
– sospendere gli esami di profitto e di laurea dal 28 giugno all’11 luglio;
– convocare una assemblea pubblica con gli studenti per giovedì 1 luglio per illustrare i motivi dell’agitazione;
– valutare ulteriori forme alternative di protesta che possano coinvolgere l’intero Ateneo;
– intraprendere iniziative tese a trasmettere all’esterno la missione dell’Università nella società della conoscenza per la produzione e trasmissione del sapere, le sue molteplici attività e il senso della protesta;
– riconvocarsi giovedì 8 luglio per valutare gli sviluppi che si saranno avuti nel frattempo.