Lo scorso 28 dicembre 2012 sono stati pubblicati i bandi PRIN 2012 — Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale — e FIR 2013 — Futuro In Ricerca — per l’assegnazione delle uniche risorse messe a disposizione annualmente per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica. Con tali bandi il Governo intende, tra l’altro, «garantire il necessario sostegno economico alle eccellenze scientifiche emergenti e già presenti presso gli atenei e gli enti di ricerca pubblici» e «favorire il ricambio generazionale presso gli atenei e gli enti di ricerca pubblici afferenti al MIUR, (destinando adeguate risorse al finanziamento di progetti di ricerca fondamentale proposti da giovani ricercatori di età inferiore ai 40 anni)». Obiettivi condivisibilissimi e importanti ma, come al solito, le regole previste nei bandi ed il finanziamento messo a disposizione non sembrano coerenti con queste enunciazioni.
In relazione al bando PRIN 2012, infatti, il CUN (Consiglio Universitario Nazionale) il 16 gennaio 2013, nella prima seduta dell’anno, ha approvato una mozione con cui, rilevando che «i ricercatori a tempo determinato sono esclusi dalla possibilità di partecipare in qualità di PI o di coordinatori locali in quanto ricercatori a contratto» ed osservando che «i medesimi ricercatori a contratto risultano assimilati per legge alle altre figure docenti delle Università per quanto riguarda la partecipazione alle attività di ricerca», ha segnalato al Ministro «la necessità di rimuovere tali elementi di distinzione tra le figure di ricercatori a tempo indeterminato e a tempo determinato per quanto attiene alla possibilità di partecipare a bandi PRIN».
Successivamente, il 17 gennaio 2013, perfino la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), come ridestatasi da un pluriennale torpore, ha approvato una mozione con la quale segnala al Ministro un «drastico taglio di risorse» rispetto alle annualità passate, oltre a criticità legate alla fase di preselezione a carico degli Atenei «che genera situazioni di pesante condizionamento e scarsa trasparenza» e «inaccettabili preclusioni basate sull’età e sull’appartenenza o meno ai ruoli dell’Università del personale docente e ricercatore».
In seguito, «a parziale accoglimento delle richieste di cui alla citata mozione CRUI», il Ministro ha apportato alcune modifiche ed integrazioni al solo bando PRIN 2012 con il Decreto Ministeriale n. 75 (1 febbraio 2013). E’ da sottolineare che nel decreto di modifica al bando PRIN il Ministro, con plateale sgarbo istituzionale, “dimentica” di citare la mozione CUN mostrando ancora una volta di dedicare (solo un po’ di) attenzione alla lobby dei Rettori (ex-colleghi molti dei quali prorogati ope legis, anche grazie alla sua condiscendenza) e di disprezzare invece il contributo del legittimo organo di rappresentanza del sistema universitario nazionale. E’ poi da segnalare come anche a valle delle modifiche il bando PRIN 2012 resti affetto da numerosi vizi, nonostante il presidente della CRUI, in una patetica lettera ai colleghi Rettori, si vanti di avere «ottenuto un risultato positivo». Il bando FIR 2013, invece, è rimasto addirittura immutato.
Segnaliamo di seguito le principali criticità ancora presenti nei bandi PRIN 2012 e FIR 2013:
– La pesante riduzione dei finanziamenti dedicati alla ricerca, che per il PRIN 2012 ammontano a circa 38 M€ (- 64% rispetto al bando PRIN 2009) e per il FIR 2013 ammontano a circa 30 M€ (- 49% rispetto al bando FIR 2012); 68 M€ in totale, messi a disposizione per il finanziamento di progetti di ricerca di durata triennale. A conti fatti si tratta di circa 23 M€/anno per il finanziamento della ricerca universitaria italiana: un ventesimo dei cosiddetti “rimborsi” elettorali del 2008 versati ai partiti oppure un quinto del costo (un’ala?) di un F35. In questo modo si lascia la gran parte dei ricercatori universitari senza i mezzi finanziari per svolgere il proprio lavoro, mentre tutti (solo a parole naturalmente) concordano che la ricerca potrebbe contribuire in modo decisivo alle prospettive di ripresa del paese.
– Il bando PRIN 2012, con una previsione a dir poco dubbia sotto il profilo della legittimità, preclude la possibilità per i ricercatori a tempo determinato di età inferiore a 40 anni di partecipare al bando, sia in veste di coordinatori scientifici sia di responsabili locali. Tale disposizione impedisce l’accesso di giovani a progetti di ricerca di interesse nazionale e pare, tra l’altro, non raccordarsi con la vigente legislazione nazionale che, avendo cancellato la figura del ricercatore a tempo indeterminato, equipara a tutti gli effetti i ricercatori a tempo determinato ai docenti “di ruolo” per quanto riguarda la partecipazione a progetti di ricerca (senza, ovviamente, prevedere limiti di età) e considera la «partecipazione scientifica a progetti di ricerca internazionali e nazionali» requisito essenziale per il conseguimento della abilitazione scientifica nazionale e, quindi, per l’eventuale immissione nei ruoli universitari.
– Le pesanti ed irrazionali limitazioni legate all’età dei proponenti, un intricato labirinto di norme con cui si finge di ignorare le peculiarità del precariato italiano della ricerca e si escludono dalla possibilità di partecipazione ai bandi la gran parte del personale universitario.
Nello specifico:
Per il bando FIR 2013: la linea di intervento “starting” è riservata a ricercatori che abbiano conseguito il dottorato da più di due anni (!) ma da non più di sette anni rispetto alla data del bando; la linea di intervento “consolidator” è riservata a ricercatori che abbiano conseguito il dottorato da più di cinque anni ma da non più di dieci anni rispetto alla data del bando. Pertanto, è vietata la partecipazione al FIR a chi è troppo giovane (!) ed a chi è troppo poco giovane.
Nella tabella seguente sono riassunti i limiti imposti dal bando FIR 2013 e la fascia d’età dei possibili partecipanti.
anni dal conseguimento del Dottorato |
età anagrafica cui è riservata la partecipazione * |
|
FIR starting |
più di 2 e non più di 7 (>2 e <= 7) |
da 28 a 33 |
FIR consolidator |
più di 5 e non più di 10 (> 5 e <= 10) |
da 31 a 36 |
(*ipotizzando che abbiano conseguito il dottorato all’età di 26 anni)
Si noti che avendo conseguito il dottorato alla giovane età di 26 anni il limite per la partecipazione alla linea FIR “starting” è di 33 anni mentre avendo conseguito il dottorato alla (meno giovane) età di 33 anni il limite per la partecipazione alla stessa linea di finanziamento è di 40 anni. Pertanto le regole del FIR penalizzano i ricercatori che abbiano conseguito il dottorato di ricerca da giovani rispetto a che abbiano terminato gli studi più tardi.
Per il bando PRIN 2012 la linea di intervento “starting” è riservata a ricercatori che abbiano conseguito il dottorato da non più di sette anni rispetto alla data del bando mentre la linea di intervento “consolidator” è riservata a ricercatori che abbiano conseguito il dottorato da più di sette anni ma da non più di dodici anni rispetto alla data del bando. Le regole consentono la partecipazione al bando a ricercatori di ruolo (cioè, a tempo indeterminato) e, dopo le modifiche dell’1 febbraio, a ricercatori tempo indeterminato «di età non inferiore a 40 anni».
Nella tabella seguente sono riassunti i limiti imposti dal bando PRIN 2012 per le linee di intervento “starting” e “consolidator”.
anni dal conseguimento del Dottorato |
età anagrafica cui è riservata la partecipazione* |
|
PRIN starting |
non più di 7 (< 7) |
fino a 33 |
PRIN consolidator |
più di 7 e non più di 12 (> 7 e <= 12) |
da 34 a 38 |
(* ipotizzando che essi abbiano conseguito il dottorato all’età di 26 anni)
Si noti che alle linee PRIN “starting” e “consolidator” è riservato circa il 14% del finanziamento PRIN 2012 mentre professori e ricercatori di ruolo con requisiti anagrafici tali da potervi partecipare sono circa il 15% del corpo docente italiano. Le linee, pertanto, non sembrano né particolarmente generose con i giovani né particolarmente avare con i meno giovani (il problema è la scarsità dei fondi). Si segnala, inoltre, l’assenza di quote riservate ai giovani nella fase di preselezione a livello d’ateneo (di cui parleremo più avanti).
In generale, poiché il bando FIR 2013 è riservato a ricercatori precari under 36 (o under 33 a seconda della linea di intervento) ed il bando PRIN 2012 è riservato a professori e ricercatori di ruolo o a ricercatori con contratto a tempo determinato (precari) over 40, è possibile concludere che:
1) un “giovane” (indipendentemente dalla propria età anagrafica) non può partecipare al bando FIR 2013 se è già assunto con contratto a tempo indeterminato (il termine “giovane ricercatore” pare essere utilizzato con l’accezione di “ricercatore precario”);
2) un precario “giovane” non può partecipare al bando PRIN 2012;
3) un precario “non giovane” non può partecipare alle linee di intervento “starting” e “consolidator” del bando PRIN 2012 né al bando FIR 2013.
In generale, le regole stabilite nei bandi penalizzano in particolare gli studiosi che abbiano conseguito il dottorato di ricerca da giovani e che poi abbiano subito la lunga fase di sostanziale blocco del reclutamento.
– la fase di preselezione, gestita anche a livello di ateneo da “comitati di preselezione”, e l’imposizione di un numero massimo di progetti preselezionabili da parte dei singoli atenei (legato al numero di docenti e ricercatori presenti nei ruoli ed al numero medio di progetti finanziati nei cinque precedenti bandi PRIN) appaiono (volutamente?) inadatte a garantire l’accesso a finanziamenti dei progetti migliori. È fin troppo ovvio come, con questa irrazionale limitazione, si attivino negli atenei dinamiche che sfavoriscono la presentazione di progetti legati alla qualità, all’innovatività e alla curiosità scientifica, per favorire invece il rispetto di “equilibri” interni.
Ancora una volta il ministro Francesco Profumo, che conferma di agire in perfetta continuità con la linea distruttiva del precedente governo, si è distinto per la sua efficacia nel perseguire lo smantellamento del sistema pubblico di istruzione e ricerca.
Smantellamento ottenuto — non solo grazie ad una continua riduzione dei finanziamenti — anche e soprattutto attraverso provvedimenti che ignorano le indicazioni provenienti dagli organi di rappresentanza del sistema universitario (es. il CUN), sfavoriscono le giovani generazioni, e mirano costantemente ad aumentare la conflittualità e a rafforzare quelle pratiche e quei poteri verticistico-oligarchici che sono una delle malattie dell’Università italiana.