I Rettori passano alla cassa del governo senza pudore (e senza limiti d’età)
Una volta esistevano i clerici vagantes, studenti che nel Medioevo si spostavano da una università all’altra per seguire le lezioni dei professori più noti; oggi il governo italiano crea una nuova categoria, quella dei rectores vagantes.
Il DdL Gelmini in discussione alla Camera prevede infatti che i Rettori delle Università italiane potranno essere professori provenienti anche da un altro ateneo, favorendo quindi, nei fatti, la formazione di un gruppo relativamente coeso e indipendente che potrà scambiarsi le poltrone e gli incarichi da sede a sede. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, direbbe uno che di potere se ne intende.
Un mandato a Torino potrà essere seguito da un mandato a Roma, in preparazione di un altro magari a Trieste. Il rettore Tizio nella sede di Universopoli potrà agevolmente preparare il terreno per l’elezione del rettore Caio in servizio nella sede di Facoltacity. Scaduto il mandato per entrambi, perché non realizzare una bella staffetta? Ognuno dei rettori non avrà difficoltà a trovare un corrispondente interessato alla sua sede e il gioco continuerà, praticamente all’infinito o alla pensione.
Già, la pensione. Affinché non si pensi che il governo faccia dei favoritismi con gli altri professori, è stato approvato in Commissione un emendamento dall’On. Mario Pepe del PdL (medico, ricercatore (!) alla Sapienza) che porta la durata dei mandati dei rettori delle università italiane TUTTI a sei anni, escludendo la possibilità di un rinnovo. Ma i rettori attualmente in servizio possono stare tranquilli perché se il loro mandato scade nel 2011, la scadenza è spostata ope legis alla fine dell’anno accademico successivo all’entrata in vigore dei nuovi statuti che ogni sede universitaria dovrà predisporre per legge. Un anno accademico, per doverosa informazione, comincia il 1° ottobre e termina il 31 settembre dell’anno successivo.
Supponendo così che la legge entri in vigore, come il Governo spera, entro il 2010, e ponendo il 2011 come anno durante il quale le università si daranno i nuovi statuti, il giochetto è abbastanza evidente: le università adottano i nuovi statuti nel corso del primo semestre 2011 e i rettori, invece di lasciare il 31 settembre 2011 vanno in scadenza il 31 settembre 2012. Questo passaggio interesserà almeno 20 rettori delle 66 università pubbliche italiane. Un anno “omaggio”, con i complimenti del Ministro, per il disturbo che i rettori si sono presi di difendere, a spada tratta e con una foga degna di miglior causa, il progetto governativo.
Ma non tutti i rettori scadranno nel 2011, senza contare che quando si fa un dono collettivo non sta bene lasciare fuori nessuno. Ecco allora il tocco da maestro dell’ennesima norma ad personam (o meglio, ad rectores): se il rettore è una matricola al suo primo incarico, la durata del mandato è aumentata ope legis di due anni: scadenza a settembre 2014. Poi, se proprio non si riuscisse a scambiarsi il posto con un collega (la sincronia delle cessazioni delle cariche sembra fatta apposta per un “Magnifico” giro di valzer), si tornerà a insegnare in aula, speriamo, con un enorme bagaglio di esperienza in più, potendo insegnare ai giovani virgulti della Nazione come si fa a restare in carica ben oltre lo sperato, per giunta grazie a una norma infilata di straforo in un disegno di Legge che un Paese tenuto in un torpore quasi completo ha potuto capire solo a spizzichi e Bocconi.
Sappiamo che i Rettori ce l’hanno con i ricercatori, con quelle migliaia di giovani colleghi che hanno protestato per mesi al grido di “no ope legis” (almeno loro), cercando di richiamare l’attenzione su un provvedimento che va a incidere sul sistema della formazione e della ricerca in maniera devastante. Ebbene, non ce l’avranno certamente col collega ricercatore On. Mario Pepe, che ha proposto il miglior regalo che potesse essere fatto a un gruppo che si prepara a diventare casta di potere.
Questo è il rinnovamento generazionale dell’università italiana, mica chiacchiere!