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La Rete29Aprile dei ricercatori universitari considera profondamente inadeguate le affermazioni del ministro Gelmini rese oggi durante la conferenza stampa congiunta con il ministro Giulio Tremonti. Il ministro si è espresso in termini indeterminati e vaghi su questioni centrali, quali la ricerca e l’alta formazione. Ma ciò che colpisce maggiormente sono le inesattezze evidenti nella parte del suo discorso dedicata alla protesta dei ricercatori, peraltro sempre evitando un confronto diretto nonostante l’esplicito invito a farlo rivoltole dal Capo dello Stato ai primi di agosto.

Per anni i ricercatori universitari hanno, con senso di responsabilità, tenuto corsi con dedizione e passione come fossero professori, quasi sempre a titolo gratuito, sottraendo tempo e risorse alla ricerca che (come dice il loro nome) è il loro compito primario. Quest’anno, come tutti gli altri anni, i ricercatori universitari lavoreranno a tempo pieno facendo con immutato senso di responsabilità la ricerca e la didattica che compete loro: tutoraggi, assistenza agli studenti, seminari, senza incarichi aggiuntivi di volontariato.

L’indisponibilità a tenere corsi non è pigrizia, ma un segno di protesta contro il DdL in discussione oggi alla Camera. Sono più di 10.000 i ricercatori che in 35 atenei si sono uniti alla più grande protesta dei ricercatori italiani mai verificatasi. Una protesta che vuole non solo difendere l’università pubblica, ma renderla migliore cominciando da un’autentica semplificazione nei ruoli e nelle funzioni docenti con l’introduzione del ruolo unico dei professori universitari: l’unico strumento per eliminare i poteri baronali, che l’On. Gelmini ha più volte ricordato essere il primo ostacolo alla sua riforma, e che invece il DdL in discussione in Parlamento rende più forti che mai, concentrando in essi il controllo dei concorsi e del sistema di governo degli Atenei.

Nella grande assemblea nazionale dei ricercatori universitari della Rete 29 Aprile (www.rete29aprile.it) tenutasi lo scorso 17 settembre a Roma, sono stati ribaditi i punti critici della politica universitaria di questo governo, e non solo per quanto riguarda lo stato giuridico dei ricercatori. Infatti la politica del Governo, oltre a mettere gli attuali ricercatori strutturati su un binario morto, senza riconoscimento del lavoro svolto e senza reali prospettive di avanzamenti:

– mette sul lastrico decine di migliaia di ricercatori precari con anni di lavoro alle spalle;

– prospetta per i futuri aspiranti ricercatori un percorso che non ha eguali nel mondo: dieci anni e più di precariato, senza alcuna garanzia che il merito sarà premiato: una falsa tenure track il cui esito è legato molto più a criteri di cassa che scientifici;

– mortifica il diritto allo studio, per il quale non sono previste né risorse dedicate (dopo i pesanti tagli) né le necessarie politiche di welfare per porre tutti, capaci, meritevoli e meno abbienti, in identiche condizioni di partenza garantendo davvero il diritto all’istruzione;

– pone la gestione degli atenei pubblici nelle mani di personalità esterne all’università, designate senza il necessario controllo da parte delle varie componenti universitarie, ignorando evidentemente che gli atenei italiani che hanno già sperimentato una gestione interamente ‘esterna’ oggi presentano gli stessi problemi e le stesse tare degli altri. Un settore strategico come quello dell’alta formazione non può essere gestito al risparmio, né con criteri aziendalistici: sarebbe come voler economizzare sul medico quando si è malati. La logica della cultura da trattare come un prodotto da piazzare sul mercato per i pochi che possono permetterselo va respinta decisamente.

Del problema finanziario l’On Gelmini preferisce non parlare, lasciando la parola al suo collega Tremonti, ignorando il fatto che la politica italiana tradisce apertamente la “Strategia di Lisbona”, patto sottoscritto e poi ignorato dall’Italia per il rilancio di università e ricerca in Europa. Le parole dei due Ministri tacciono infatti che i due motori del futuro dell’Italia, a causa delle scelte politiche di questo governo, sono finanziati in maniera irrisoria rispetto agli altri paesi europei e dell’OCSE, con finanziamenti che saranno presto meno della metà di quanto è investito altrove.

I ricercatori respingono al mittente, con decisione, l’accusa di essere la causa dei disagi e della negazione del diritto allo studio. I ricercatori universitari faranno appieno il loro lavoro istituzionale, mentre il DdL e i tagli ai finanziamenti e al personale che si sono abbattuti sull’università, con pervicace rifiuto al confronto, a partire dal giugno 2008 (DL 112, poi legge 133/08) sono la vera causa di disagio e negano il futuro delle Istituzioni di formazione e ricerca pubbliche, a favore di strutture private.

Tutti i principali paesi industrializzati, e soprattutto quelli dell’Unione europea, hanno dedicato cospicue risorse alla ricerca e all’istruzione in questa fase di crisi economica. Università e scuola sono stati in moltissimi casi gli unici settori esonerati dai tagli, e spesso sono aumentati i finanziamenti in maniera impensabile qui da noi (ma non in Francia e in Germania): solo in Italia si mortificano irresponsabilmente l’Università, la ricerca, la scuola e la cultura in generale, e insieme alle istituzioni vengono colpiti tutti coloro che con passione vi dedicano la loro vita lavorativa per il bene comune. In una prospettiva finanziaria di sei anni (2008-2013) il governo è riuscito a programmare tagli per più di dieci miliardi di euro a scuola e università: si tratta esattamente dell’equivalente, a prezzi correnti, di quanto gli Stati Uniti concessero all’Italia con il Piano Marshall dal 1948 al 1953. Eppure, a fronte delle sempre più estese proteste, nella conferenza stampa non abbiamo sentito niente di concreto: nessuna cifra, nessuna scadenza precisa, nessun impegno concreto e neppure nessuna promessa: soltanto parole e rimbrotti.

I Ricercatori della Rete29Aprile, stigmatizzano poi l’inaccettabile ricatto di fronte al quale i Ministri Gelmini e Tremonti mettono l’Università: accettate la riforma così com’è e dopo, nei tempi, nei modi e nelle quantità che decideremo, vi daremo nuovi fondi. L’Università non può essere trattata in maniera così umiliante da chi attua una politica che confonde merito e profitto, ricerca e mercato, valutazione e rendita economica.

L’Università che forma i nostri giovani, i nostri figli per essere gli imprenditori, i politici, i formatori e gli scienziati di domani ha il diritto di essere considerata un valido interlocutore a pieno titolo. In quest’ottica, l’invito a continuare a fare volontariato per consentire al DdL Gelmini e ai tagli di demolire in tutta tranquillità e senza turbamenti l’università pubblica italiana è una richiesta totalmente irricevibile: acconsentire a essa sarebbe un vero e proprio tradimento del patto tacito che i ricercatori hanno stretto non tanto con le rispettive università dove operano, ma con la loro professione.

I Ricercatori, come dichiarato congiuntamente nell’assemblea nazionale del 17 settembre scorso a Roma, insieme alle altre componenti dell’Università, agli enti di ricerca pubblica, a studenti, a precari della ricerca, non smetteranno la propria mobilitazione fintanto che l’iter del disegno di legge non verrà fermato per aprire un vero tavolo di confronto e dialogo sulle pur necessarie riforme, al fine di garantire a tutti, e in particolare ai giovani di oggi e di domani, il diritto al proprio futuro.

R29A www.rete29aprile.it

 

Proposte della Rete29Aprile per l’Università:

http://www.rete29aprile.it/info/unidea-di-universita.html

 

Documento del Coordinamento della Rete 29 Aprile del 10 settembre 2010:

http://www.rete29aprile.it/FILES_UPPATI/Doc%20Coordinamento%20R29A%2010.9.2010.pdf

 

Punti di intesa dell’Assemblea nazionale convocata dalla Rete29Aprile il 17 settembre a Roma e aperta alla partecipazione, che si è rivelata ampia, di altri soggetti dell’Università (studenti, ricercatori precari e non, professori) e degli Enti di ricerca pubblica:

http://www.rete29aprile.it/FILES_UPPATI/Punti%20Assemblea.pdf