in risposta al profluvio di voci che si sono levate per stigmatizzare le manifestazioni che negli atenei chiedono il cessate il fuoco a Gaza e la condanna dell’operato di Israele, per provare a prevenire il rischio che possano trasformarsi in improprie azioni di controllo negli atenei stessi e, più in generale, per riflettere sul ruolo dei ricercatori quando soffiano impetuosi venti di guerra, rete29aprile, insieme con FLC-CGIL, ARTED, ADI, LINK, UDU e PRIMAVERA DEGLI STUDENTI, ha sottoscritto una lettera aperta alle rettrici ed ai rettori che trovate allegata.

Magnifiche Rettrici, Magnifici Rettori,

gli eventi degli ultimi due anni hanno marcato un punto di svolta storico, aprendo una preoccupante stagione segnata non solo dall’esplosione di estesi conflitti militari, ma anche dal ritorno all’orizzonte degli eventi di una nuova possibile Guerra Grande e possibili scenari di olocausti termonucleari. L’invasione russa dell’Ucraina e la drammatica guerra di trincea che ne è seguita, il devastante attacco di Hamas con oltre 1.200 vittime e la presa di centinaia di ostaggi, l’invasione israeliana di Gaza con bombardamenti indiscriminati e decine di migliaia di morti soprattutto nella popolazione civile, l’allargamento dei combattimenti al Mar Rosso, al Libano e alla Siria, il recente accendersi di uno scontro diretto tra Israele e Iran si accompagnano ad un riarmo generalizzato, al moltiplicarsi delle alleanze militari nel mondo, a proposte di un ritorno alla leva generalizzata nel nostro continente.

La mobilitazione di queste settimane nelle università italiane, che hanno visto protagonisti studentesse e studenti, ma anche le varie componenti della comunità universitaria, non è che il tentativo di costruire un diverso orientamento a questi tempi sempre più cupi, vale a dire uno scenario di pace. Come spesso è accaduto anche nel passato, a partire dai temi ambientali, sono proprio le giovani generazioni che vivono i rischi del futuro e si attivano con maggior protagonismo per cambiarne gli indirizzi. La mobilitazione contro la guerra, del resto, sta attraversando la società italiana, europea e mondiale, con diverse manifestazioni e iniziative di cui noi siamo stati spesso parte promotrice, per l’immediato cessate il fuoco in Ucraina, per fermare il genocidio a Gaza, per lo sviluppo di una logica di pace contro il riarmo in corso. Le università, proprio in quanto luogo naturale di osservazione di quanto sta avvenendo nel mondo, spazi aperti di confronto e attivazione sociale, non possono essere isolate dalla discussioni e anche dai conflitti che attraversano i nostri tempi e le nostre società.

In qualche modo, lo riconoscete anche voi nel documento approvato dalla Giunta CRUI in questi giorni quando sottolineate come gli atenei debbano essere luoghi promotori di cultura, che affermano il diritto e dovere di organizzare al proprio interno momenti di riflessione e studio, nella logica del confronto, anche aspro, ma sempre rispettoso, consentendo quindi il libero dibattito, la critica e l’eventuale dissenso. L’implementazione di questi principi nella prassi, però, deve rivolgersi proattivamente anche ascoltando e confrontandosi con le richieste avanzate dalle mobilitazioni. Anche rispetto agli anni passati, ci sembra che in diverse occasioni in queste settimane le governance di ateneo abbiano risposto con il silenzio, l’indifferenza o la cautela amministrativa alle sollecitazioni di chi chiedeva l’apertura di un dibattito o l’assunzione di posizioni esplicite da parte di organi accademici e comunità universitarie. Nel momento in cui si indicano buone prassi queste devono riguardare anche la costruzione del confronto e dell’accoglienza delle mobilitazioni che devono sempre avvenire in forma pacifica e non violenta, seppur radicali nelle rivendicazioni- nelle università, proprio per le ragioni e i principi da cui voi stessi affermate di partire.

Questa considerazione ci sembra particolarmente importante, perché la gestione dell’ordine pubblico, nelle piazze e nelle università, da parte di questo governo, ci sembra oggi condotta con ben altro atteggiamento. A ricordarcelo non sono solo alcuni fatti eclatanti, come le cariche contro il corteo studentesco di Pisa e altri episodi diffusi sul territorio che hanno indignato l’opinione pubblica. A preoccuparci è oggi la costante criminalizzazione del dissenso e della contestazione pubblica, che pure è una delle forme del confronto anche aspro che da sempre avviene nei contesti universitari, i processi per direttissima e la pressione ad affrontare le mobilitazioni sostanzialmente solo come problema di ordine pubblico. In tutta la storia di questo Paese, l’intervento della forza pubblica nei contesti universitari è sempre stato condotto con particolare attenzione, anche in momenti segnati da una conflittualità sociale e giovanile ben più significativa di quella odierna. La scelta della Ministra dell’Università e della Ricerca, che proprio in parallelo all’uscita del documento della CRUI ha chiesto al Ministero dell’Interno la convocazione del comitato per l’Ordine e la sicurezza dedicato alle proteste nelle università, alla presenza di una delegazione della CRUI ci sembra indicativa dell’approccio che si intende tenere. Non solo non c’è bisogno di azioni preventive o misure speciali da parte delle forze dell’ordine, ma bisogna evitare una politica di risposta meramente repressiva.

Infine, vogliamo sottolineare un ultimo aspetto, relativo alla ricerca e al ruolo delle università. Come ha ben espresso il Presidente Mattarella nel suo recente discorso a Trieste, “Le Università sono sempre state, oltre che sede di approfondimento e trasmissione del sapere, luogo del libero dibattito, della critica e anche del dissenso nei confronti del potere. Dibattito, critica e dissenso collegati tra gli atenei di tutti i paesi, al di sopra dei confini e al di sopra dei contrasti tra gli stati. Se si recide questo collegamento, questo prezioso scambio di riflessioni, di collaborazioni, di esperienze, non si aiutano i diritti, non si aiuta la libertà né la pace, ma si indebolisce la forza del dibattito, della critica e del dissenso.” Riteniamo, cioè, sia importante difendere il collegamento tra gli Atenei di tutti i Paesi al di sopra dei confini e al di sopra dei conflitti fra gli Stati. Lo avete ricordato anche voi nel documento CRUI. Noi lo pensiamo ora e lo abbiamo pensato in questi ultimi due anni, difendendo l’autonomia scientifica e la libertà di ricerca contro ogni tentativo di coinvolgere in logiche di schieramento l’attività quotidiana di università, laboratori ed enti di ricerca del Paese. Anche oggi, allora, ribadiamo l’importanza di salvaguardare il valore generale di un’iniziativa culturale e scientifica in grado di svilupparsi oltre i confini e i blocchi politici internazionali. Non ci sfugge, però, che in questi tempi cupi di sviluppo dei conflitti internazionali e di progressiva militarizzazione sociale, diventa sempre più preoccupante il rapporto tra scienza, istituzioni di ricerca e sviluppo militare. Un rapporto che è intrecciato a tutta la storia del Novecento, in particolare con lo sviluppo delle armi nucleari ma non solo. In questo contesto, ci sembra sinceramente insufficiente avviare una riflessione tra CRUI, INFN, CNR e altri Enti di Ricerca sull’uso del risultato della ricerca affinché questi abbiano un effetto positivo per il benessere della persona e per fini pacifici, senza interrogarsi sugli evidenti rapporti istituzionali tra diversi atenei e l’industria militare, senza porsi il problema dell’eventuale coinvolgimento di Istituti universitari e di ricerca in convenzioni e progetti ad uso bellico o in dinamiche di guerra, come le mobilitazioni di queste settimane stanno richiedendo. La legittimità e urgenza morale di queste istanze richiede quindi una risposta istituzionale ben più aperta al confronto, che non si limiti a un’interpretazione restrittiva del processo democratico interno agli atenei e nella comunità accademica in senso lato, ma consideri nel merito anche le critiche più dure. 

L’impegno a promuovere una cultura della pace e dei diritti umani, in una stagione come quella presente, riteniamo infatti debba concretizzarsi anche in scelte e indirizzi coerenti da parte di tutte le università. Su questi elementi, cercheremo di sviluppare la nostra azione congiunta, negli atenei nel Paese, nei prossimi mesi.

 

FLC CGIL, RETE29APRILE, ARTED, ADI, LINK, UDU, PRIMAVERA DEGLI STUDENTI