Consiglio Universitario Nazionale

In occasione delle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze dei professori ordinari, dei professori associati e dei ricercatori per alcune aree disciplinari del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), la Rete 29 Aprile saluta con soddisfazione un risultato che ricalca quasi perfettamente quello del gennaio 2011 e del gennaio 2013.

Anche in quelle due occasioni la Rete 29 Aprile aveva appoggiato ed espresso candidati vincenti: cinque su sette nel 2011 e cinque su sei nel 2013. Stavolta i candidati appoggiati dalla R29A e, beninteso, anche da altre organizzazioni, hanno confermato il ruolo insostituibile della Rete: a fronte di sette posti da rinnovare, quattro candidati della rete su quattro sono stati eletti e altri due hanno confermato la vicinanza ai temi che la Rete sostiene dal 2010 e hanno da lei ricevuto appoggio elettorale; questo anche in aree difficili dove si trattava di contrastare candidati ancora legati alle vecchie logiche baronali e vicine all’area che ha supportato con convinzione la riforma della legge 240/2010 («legge Gelmini»).{jcomments on}

Ancora una volta va sottolineato però come l’università nel suo complesso risponda poco sul piano dell’affluenza alle urne: si vota ancora in troppo pochi.

Non ci facciamo illusioni: sappiamo che il presente governo, come quelli che l’hanno preceduto, non sembra dimostrare una grande attenzione ai problemi dell’università post riforma. Si parla tanto dell’università, beninteso, ma si fa pochissimo per invertire una tendenza che con gli ultimi quattro ministri è rimasta sostanzialmente la stessa: insistenza sterile sul mantra della meritocrazia con formule applicative fumose e confuse; riduzione costante dei finanziamenti pubblici – a parte qualche regalino occasionale che non cambia i dati d’insieme; scarso turn-over (siamo il paese occidentale con i peggiori dati riguardo al rapporto docenti-studenti); compressione costante del ruolo degli organi consultivi intermedi, come il CUN.

Per questo le elezioni del CUN ci sembrano, ogni volta, un importante banco di prova dal quale possono e devono arrivare messaggi importanti: hic manebimus optime, non andremo via a coda bassa lasciando in pace il manovratore. Ma adesso anche il CUN deve fare la sua parte. Deve abbandonare vecchi riti del passato e aprirsi al dialogo con tutte le componenti accademiche, in particolare quelle che stanno pagando il prezzo maggiore della crisi del sistema universitario: i precari privi di accesso al ruolo, i ricercatori ad esaurimento ricattati dalla lotteria delle abilitazioni e tutti coloro che aspirano a una gestione democratica della vita degli atenei. Il CUN deve sfruttare la sua accresciuta credibilità affiancando al suo lavoro indirizzato alle sedi istituzionali un maggiore coinvolgimento nei dibattiti pubblici, anche evidenziando, se necessario, differenti posizioni delle sue componenti a partire dal gruppo dei consiglieri della Rete.

Da parte nostra, sia all’interno del CUN, dove rappresentiamo una componente rilevante, sia nei nostri atenei, continueremo a considerare il sistema universitario come strategico per la crescita collettiva del Paese, lavorando per la sua difesa e valorizzazione, in ossequio ai dettami della Costituzione e considerando il diritto allo studio uno dei valori più meritevoli di tutela e di maggiore importanza per il futuro del paese.

R29A