Da troppi anni l’Università italiana è controllatada pochissime persone. E’ ormai tradizione che costoro utilizzino un metodo ricorrente, finora sempre efficace: approfittano dei continui, spaventosi tagli annunciati dal governo di turno o dell’astrusa novità regolamentare all’ultima moda per far piombare sugli atenei un clima di emergenza e di “stato d’eccezione”. Divengono così all’ordine del giorno (quasi bramate e glorificate) furbizie d’ogni genere e atteggiamenti che, in altri contesti, verrebbero definiti da “faccendieri”. Ci sono poche risorse nel fondo di finanziamento ordinario (FFO)? Certo è un problema, ma “i nostri”, grazie ai buoni rapporti personali in alto loco, raggranelleranno magari qualche soldo da un accordo di programma, oppure da un progetto specifico (una “scuola”, per esempio), o riusciranno a trovare qualche escamotage alla “così fan tutti”, passando pure per salvatori della patria. Tutti zitti e buoni, per carità, che forse ce la scampiamo! Nel frattempo, le “eccezioni” (chiamate dirette, salti di settore, didattica a costo zero ecc.) diventano la regola. Nello stato d’emergenza, si sa, quel che conta sono i singoli, con le loro cerchie di amicizie, conoscenze e buoni offici. Le regole sono lacci e lacciuoli, e spesso restano travolte: danni collaterali, com’è avvenuto ad esempio a decine di Atenei che hanno sforato il limite del 20% previsto nel rapporto tra tasse richieste agli studenti e FFO.
Che fare? Intanto, un bel premio: anche agli Atenei che hanno sforato il limite (talvolta a causa dello “strozzamento” governativo) si può riconoscere “virtuosità” (beffa assoluta). Tradotto, gli è “concesso” di essere tra quei pochi “fortunati” che possono sostituire (comunque solo in piccola parte!) dei docenti giunti alla pensione con altri più giovani. E’ questa la genialità dello stato d’emergenza: far considerare alla stregua di una concessione ciò che dovrebbe essere l’assoluta normalità (continuare a funzionare), amplificando i poteri delle persone, distruggendo ogni voce critica e mettendo in secondo o terzo piano le regole. Per il passato facciamo finta di nulla, si è capito; e per il futuro? si ripristina la “legalità”? No di certo: si sfrutta l’occasione per rendere legale ciò che non lo era, liberalizzando di fatto ampi aumenti delle tasse universitarie. Ancora una volta un trucco, un coniglio dal cappello, un cambio di mazzo neppure dissimulato.
Il divieto, vigente fino ad oggi, prevedeva che, le tasse prelevate a TUTTI gli studenti di un certo Ateneo non potessero superare il 20% dell’ FFO erogato all’Ateneo stesso. Il trucco si articola in “due colpi di mano”, più un paracadute di riserva, e funziona così: primo, non si fa più riferimento a TUTTI gli studenti, ma soltanto a quelli comunitari e, soprattutto, a solo quelli “in corso”. Gli altri, ai fini del limite delle tasse, di punto in bianco semplicemente non sono più contati come studenti. Facile, no? Comunque, per buona misura, è stata aggiunta anche un po’ di disinformazione: molti giornali (e anche il Ministro) hanno raccontato di un provvedimento che penalizzerebbe “i fuori corso”. Ancora una volta si individuano degli ipotetici fannulloni e si mettono all’indice, con unanime soddisfazione, ma… semplicemente non è vero, e non è necessario essere super-tecnici ex rettori di un Politecnico per saperlo: basta affrontare un problemino da scuole elementari. Per ipotesi, nell’Ateneo A oggi ci sono 100 studenti, che, complessivamente, non devono pagare più di 100.000€ (perché l’FFO è di 500.000€, e la soglia è il 20% di questo valore). La media è di 1.000€ a testa. Se, con la nuova norma, da quei 100 studenti togliamo, ad esempio, 35 fuori corso e 15 non comunitari, lasciando la soglia complessiva a 100.000€, quanto potranno arrivare a pagare i rimanenti 50 (quelli IN CORSO)? Semplice, il doppio: 2.000€. Questo a prescindere da quanto sarà prelevato ai fuori corso, che comunque non verrà conteggiato. Ma non basta: il secondo colpo di mano del trucco fa anche alzare la soglia, che non sarà più soltanto l’FFO ma vedrà aggiungersi tutti gli altri introiti ricevuti dallo stato (compresi quelli più o meno discrezionali, tanto per rafforzare lo stato d’eccezione). La soglia potrebbe diventare così 150.000€ e il numero di persone cui applicarla abbassarsi – come detto – a 50 (i soli comunitari in corso): in questo modo, legalmente, a tutti gli studenti potrebbero essere triplicate (o anche di più) le tasse. Et voilà! Un bel paradosso: più l’Ateneo ha un establishment “smart”, che trova il modo di avere molti fondi statali diversi dall’FFO, più può elevare di molto le tasse a tutti gli studenti. Molto furbo, ma non basta ancora. Se anche così l’Ateneo sforasse la soglia, la sanzione prevista è semplicemente… “destinare le maggiori entrate al finanziamento di borse di studio a favore degli studenti”. Insomma, borse di studio erogate dagli Atenei che verranno però pagate dagli altri studenti con tasse che superano la soglia prevista: una sorta di sottoscrizione. A qualcuno sembra l’ombra di un deterrente?
Attenzione, non si tratta di un colpo basso per il tempo necessario a superare la crisi. È invece un (altro) provvedimento che deriva da un’idea utilitaristica di Università, molte volte suggerita dalle colonne dei quotidiani, da quasi tutti i partiti e persino da certi cosiddetti intellettuali: l’alta formazione è un privilegio, un interesse egoistico dello studente. Sarebbe lui, e non la Società, a trarne vantaggio, ed è per questo che deve pagare “profumatamente”. E’ un’idea che sta già mostrando la sua pericolosità negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, creando macerie culturali oltre che economiche e noi la contrastiamo fortemente; per questo – in sintonia con le mozioni che ormai provengono da più Atenei – chiediamo l’abrogazione del provvedimento descritto (comma 47 dell’art. 7 della cosiddetta “spending review”). Un comma di un articolo che, già dal titolo, tradisce i suoi effettivi intenti: “Riduzione della spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri”. Altro che “responsabilizzare i fuori corso”: è una dichiarata “riduzione della spesa”! Si dice altro ma si vogliono creare le condizioni per spostare sulle famiglie e sugli studenti i residui oneri che ancora lo Stato si assume per la ricerca e l’alta formazione. Crediamo nella funzione sociale dell’Università e non restiamo in silenzio mentre surrettiziamente si manomette un pilastro come il diritto allo studio – peraltro garantito costituzionalmente – in attesa di veder crollare l’intero edificio. Preferiremmo che ci si assumesse le proprie responsabilità, dichiarando apertamente gli obiettivi politici (in questo caso consentire un notevole aumento delle tasse universitarie), anziché elaborare continuamente giochi di prestigio su vari temi mascherandoli dietro elementi di “giustizia”; o “a favore dei giovani”. Di trucchi del genere (spesso introdotti con suadenti termini anglofoni, come spending review, tenure track, ecc…) l’Università è oramai piena, e francamente non ne possiamo più. Ci torneremo su, illuminandoli uno alla volta, certi del supporto di tante colleghe e colleghi che vogliono una Università pubblica, libera e aperta e che non possono più tollerare senza reazione trucchi e imperi di pochissimi potenti, proliferati nello stato d’emergenza senza fine. {jcomments off}