Sul fatto che la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane abbia appoggiato in tutti i modi possibili la legge di riforma del ministro Gelmini non dovrebbero esserci dubbi, ormai. Abbiamo assistito dal 2008 a una sua poco dignitosa e acquiescente genuflessione nei confronti dell’azione del ministro che, prima tagliava indiscriminatamente i fondi per l’università incontrando solo l’opposizione degli studenti dell’Onda e dei ricercatori, poi lasciava che da settori della politica si levassero aperti insulti nei confronti di chi lavora all’interno dell’università, infine assisteva impassibile al taglio delle retribuzioni mentre altri ministri (Alfano, La Russa e persino Frattini) si opponevano a interventi sulle retribuzioni dei loro dipendenti. Il tutto mentre si preparava e si approvava una legge di riforma alla quale i rettori, e soprattutto il precedente presidente della CRUI, hanno dato un contributo fondamentale.

Oggi, evidentemente non del tutto soddisfatti, i rettori alzano di nuovo il tiro, chiedendo modifiche  a una legge che hanno sempre supinamente accettato, ancora una volta contro l’opinione di docenti, ricercatori e studenti dei loro Atenei. Lo fanno presentando al ministro un dossier (http://www.confsaluniversita.it/files/Proposte%20per%20Ministro.pdf) nel quale, dopo aver ricordato che il sistema è in sofferenza per i tagli decisi nel 2008, e dopo aver magnificato gli sforzi fatti per «razionalizzare» (ovvero tagliare indiscriminatamente) il numero dei corsi universitari, suggeriscono – sempre ovviamente con la dovuta deferenza – alcune modifiche e «integrazioni» alla legge di riforma stessa.

Prima di tutto chiedono di poter avere mano libera per utilizzare i ricercatori di ruolo (quelli assunti a tempo indeterminato secondo le regole stabilite nel 1980) per fargli fare didattica curriculare senza retribuzione . Si tratta di una richiesta che a prima vista non si coglie, affogata com’è nei riferimenti normativi, ma il senso – una volta ricostruita la serie di rinvii a norme precedenti – è chiaro: i ricercatori devono poter essere utilizzati per svolgere didattica curriculare come un professore associato e ordinario, ovviamente essendo pagati fino al 60% in meno di un professore ordinario. Mancano i soldi per l’Università? Dov’è il problema? I Rettori hanno la soluzione pronta: ci penseranno ancora una volta i Ricercatori, col loro tradizionale volontariato che, non si sa mai, a ogni buon conto va reso obbligatorio per legge. Con dei furbi codicilli si rimuova la distinzione tra didattica curriculare e didattica integrativa, e che siano quei paria di ricercatori a colmare i bisogni dell’offerta didattica senza stare a sottilizzare sulla natura dei loro compiti.

Già, ma, una volta sistemata l’offerta didattica grazie ai docenti pret-à-porter (i ricercatori lo sono quando si tratta di tenere i corsi o di calcolare i requisiti minimi, ma non lo sono più, ad esempio, quanto a diritto di parola e di voto), i soldi potrebbero non bastare ancora. E allora, caro ministro, i Rettori le chiedono di rimuovere quel vincolo all’incremento delle tasse universitarie (che attualmente possono arrivare al massimo al 20% dell’FFO). Sembra di intuirne il pensiero: “visto che già oggi impunemente molti di noi non lo rispettano, perché non ci fa il favore di togliere questo antipatico vincolo di legge? Caro governo, visto che hai deciso di ridurre oltre ogni logica i finanziamenti all’università, lascia che ci rifacciamo sugli studenti…”. Magari a questo punto un occhiolino e un colpetto di gomito ben completerebbero la scena.

Ma le richieste non si fermano qui: si chiede anche, nel caso di lavoratori autonomi, che venga eliminato il limite di 40.000 euro di reddito annuo per essere destinatari di un contratto di insegnamento gratuito (il senso è chiaro: in questa situazione complessiva perché negarsi lo sfruttamento di giovani di belle speranze assunti con contratti da fame o gratuiti?); si chiede che le commissioni di concorso possano essere composte da marmellate di commissari appartenenti a diversi settori concorsuali, basta che siano settori in qualche modo omogenei, e altre varie richieste a seguire.

Insomma, La CRUI bussa alla porta del ministro sostanzialmente per chiedere un incremento della discrezionalità avuta nel passato, quella stessa discrezionalità che ha portato a sfruttamento del lavoro intellettuale, a dissesti finanziari, a concorsi «liberi», in tutti i sensi (soprattutto da controlli).

La legge Gelmini non colpisce il sistema baronale dell’università italiana. Lo abbiamo sempre sostenuto e lo ripetiamo qui: tutto il potere accademico viene, con la presente legge, lasciato in mano agli ordinari, a fronte di una patina di rinnovamento fondata sul “largo ai giovani”, beninteso, sfruttati e sottopagati. Tutta la “rifondazione” del sistema, la stesura delle nuove regole interne, viene lasciata agli stessi establishment (talvolta ricevendo in omaggio, ope legis, anche una proroga del mandato) che hanno gestito malamente – a detta del ministro – il passato. Il risultato è facilmente immaginabile. È veramente scandalosa la faccia tosta con la quale la CRUI  chiede di avere mano libera, in tutti i campi, eliminando quei pochi limiti all’arbitrio e alla «libertà» di poter fare come si vuole, come (e peggio) fino a oggi si è fatto.

La CRUI, come ricordato all’inizio, ha appoggiato il ministro Gelmini con partecipazione e impegno: il rettore dell’Università del Sannio, prof. Bencardino il 23 febbraio 2011  lo ha espresso meglio di tante parole (http://www.governo.it/GovernoInforma/Multimedia/dettaglio.asp?d=62428) affermando in presenza del ministro che «abbiamo collaborato per portare avanti la riforma, anche cercando di contenere le pressioni che venivano dal basso, dagli studenti, dai colleghi ricercatori. Ci siamo riusciti, la riforma è andata in porto, adesso il governo si deve impegnare nell’aiutarci con un piano decennale di attenzione…». Oggi si continua nella stessa direzione, risolvendo ogni  contraddizione  sulla pelle degli studenti e delle loro famiglie, dei ricercatori e dei ricercatori precari, arrivando a proporre (cosa assai complessa) di peggiorare una legge già nefasta  Ci congratuliamo per l’ingegno e ringraziamo di avere messo tutto, per una volta, nero su bianco.