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Conosciamo tutti la storia della rana gettata in una pentola d’acqua bollente: essa salta via dalla pentola e si salva; ma se la stessa rana viene infilata in una pentola d’acqua fredda e si accende il fuoco sotto la pentola, essa lentamente e senza accorgersene subirà l’aumento della temperatura e quando si renderà conto di essere bollita sarà troppo tardi. Così sta succedendo con la scuola e con l’università e la ricerca italiane, messe nelle mani di «bollitori» particolarmente esperti: il ministro Gelmini e il suo referente e responsabile, il ministro Tremonti.

L’ultima prova l’abbiamo avuta con la presentazione del Programma nazionale di riforma (PNR) che offre al lettore, alla pag. 37, una preoccupante tabella nella quale si valuta l’impatto finanziario delle misure del PNR. Alla voce “capitale umano e innovazione” (il che è come dire scuola, università, ricerca) si legge di «minori spese» per 4 miliardi e 561 milioni per ogni anno che va dal 2012 al 2014. In totale, 13 miliardi 683 milioni in tre anni che, a valori correnti, è quanto ricevette l’Italia col Piano Marshall dal 1948 al 1952. Economie di spesa che comprendono quelle già previste fino al 2013 (i tagli annunciati nel 2008 a scuola e università), mentre la novità è la «minore spesa» per il 2014.
Non vogliamo essere maliziosi, aspettiamo di vedere i dati disaggregati per settore; può essere che queste minori spese siano tutte concentrate nelle spese di cancelleria, oppure rappresentino minori finanziamenti a scuole e università private, ma di certo parlare di minori spese per il capitale umano e l’innovazione può voler dire tutto ma di certo non significa «maggiori investimenti» e neppure «mantenimento del finanziamento previsto». L’espressione «Minori spese» significa, da che mondo e mondo e da quando Fra’ Luca Pacioli inventò la partita doppia nel 1494, risparmi sulle spese, e i risparmi sulle spese correnti si ottengono tagliando tutto il possibile. Minori spese sono tagli sulla spesa preventivata.
Ora, per la scuola, la ricerca e l’università in particolare riesce difficile dire dove si possa tagliare ulteriormente: le retribuzioni dei docenti sono bloccate in maniera indiscriminata – senza distinguere tra il super stipendio del rettore e il micro stipendio del ricercatore appena assunto – fino al 2013, senza alcun avanzamento di carriera e senza neppure l’adeguamento automatico ISTAT; il Fondo di Finanziamento ordinario dell’Università è all’osso, con un 2012 che si annuncia essere l’anno del collasso economico del sistema unievrsitario pubblico; gli enti pubblici di ricerca sono stati depredati delle risorse che oggi vengono ripresentate sotto forma di Piano Nazionale di Ricerca (1,4 miliardi) per premiare alcuni enti soltanto responsabili di (udite, udite) ben 14 (!) progetti bandiera, lasciando il grosso degli enti nelle sabbie mobili del dissesto finanziario e nell’incertezza sul futuro.
Il ministro Gelmini può anche proclamare a Ballarò (ieri sera, 19 aprile 2011) che «se ci fossero nuovi tagli Tremonti me l’avrebbe detto» ma non si rende conto che in tal modo sottolinea solo due cose: la prima è che è Tremonti a dirigere la barca del Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca, non lei; la seconda è che la sua conoscenza del sistema scolastico e universitario è superficiale ed epidermica. Risultato: il sistema è in sofferenza, sottoposto a tensioni incredibili, vituperato e denigrato anche da chi dovrebbe difenderlo e proteggere la sua fondamentale funzione.
Il Piano Nazionale di Riforma è in realtà un piano nazionale di Rovina. Il ministro Gelmini, se avesse un minimo di dignità e di senso della sua missione (che è quella di sostenere e valorizzare la funzione di scuola e università), dovrebbe dimettersi oggi stesso.
R29A

L’ultima prova l’abbiamo avuta con la presentazione del Programma nazionale di riforma (PNR) che offre al lettore, alla
pag. 61, una preoccupante tabella nella quale si valuta l’impatto finanziario delle misure del PNR. Alla voce “capitale umano e
innovazione” (il che è come dire scuola, università, ricerca) si legge di «minori spese» per 4 miliardi e 561 milioni per ogni anno
che va dal 2012 al 2014. In totale, 13 miliardi 683 milioni in tre anni che, a valori correnti, è quanto ricevette l’Italia col Piano
Marshall dal 1948 al 1952. Economie di spesa che comprendono quelle già previste fino al 2013 (i tagli annunciati nel 2008 a scuola
e università), mentre la novità è la «minore spesa» per il 2014.
Non vogliamo essere maliziosi, aspettiamo di vedere i dati disaggregati per settore; può essere che queste minori spese
siano tutte concentrate nelle spese di cancelleria, oppure rappresentino minori finanziamenti a scuole e università private, ma di certo
parlare di minori spese per il capitale umano e l’innovazione può voler dire tutto ma di certo non significa «maggiori investimenti»
e neppure «mantenimento del finanziamento previsto». L’espressione «Minori spese» significa, da che mondo e mondo e da quando
Fra’ Luca Pacioli inventò la partita doppia nel 1494, risparmi sulle spese, e i risparmi sulle spese correnti si ottengono tagliando tutto
il possibile. Minori spese sono tagli sulla spesa preventivata.
Ora, per la scuola, la ricerca e l’università in particolare riesce difficile dire dove si possa tagliare ulteriormente: le
retribuzioni dei docenti sono bloccate in maniera indiscriminata – senza distinguere tra il super stipendio del rettore e il micro
stipendio del ricercatore appena assunto – fino al 2013, senza alcun avanzamento di carriera e senza neppure l’adeguamento
automatico ISTAT; il Fondo di Finanziamento ordinario dell’Università è all’osso, con un 2012 che si annuncia essere l’anno
del collasso economico del sistema unievrsitario pubblico; gli enti pubblici di ricerca sono stati depredati delle risorse che oggi
vengono ripresentate sotto forma di Piano Nazionale di Ricerca (1,4 miliardi) per premiare alcuni enti soltanto responsabili
di (udite, udite) ben 14 (!) progetti bandiera, lasciando il grosso degli enti nelle sabbie mobili del dissesto finanziario e
nell’incertezza sul futuro.
Il ministro Gelmini può anche proclamare a Ballarò (ieri sera, 19 aprile 2011) che «se ci fossero nuovi tagli Tremonti
me l’avrebbe detto» ma non si rende conto che in tal modo sottolinea solo due cose: la prima è che è Tremonti a dirigere la barca
del Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca, non lei; la seconda è che la sua conoscenza del sistema scolastico
e universitario è superficiale ed epidermica. Risultato: il sistema è in sofferenza, sottoposto a tensioni incredibili, vituperato e
denigrato anche da chi dovrebbe difenderlo e proteggere la sua fondamentale funzione.
Il Piano Nazionale di Riforma è in realtà un piano nazionale di Rovina. Il ministro Gelmini, se avesse un minimo di dignità
e di senso della sua missione (che è quella di sostenere e valorizzare la funzione di scuola e università), dovrebbe dimettersi oggi
stesso.
R29A
PNR – Programma Nazionale di Riforma
ROVINA