Università: fare, fare finta e fare futuro
Leggi qui il comunicato in PDF
Nel discorso programmatico del presidente Fini a Perugia c’è un elemento che ci pare centrale e perfettamente applicabile all’Università: per il bene del Paese è fondamentale che si smetta di “fare finta” e si inizi veramente a “fare”. Nel contesto dell’Università questo sacrosanto principio si trasforma in questioni concrete; le buone intenzioni saranno prestissimo messe alla prova dalla discussione del disegno di legge alla Camera dei deputati. Occorre iniziare a dire la verità sulla pretesa “riforma” assumendosi tutte le responsabilità ad essa connesse; in particolare:
- È falso che la recente promessa (ancora una volta una trovata mediatica) del Ministro Tremonti di “concedere” un miliardo di euro al sistema universitario significhi “investire nell’Università” e “finanziare la riforma”: chiunque lo afferma omette puntualmente di dire che lo stesso governo ha previsto per il 2011 un taglio di 1,3 miliardi di € al sistema universitario e di 200 milioni di euro alle borse di studio. Anche un bambino, se correttamente informato, comprende che comunque il sistema universitario viene fortemente definanziato: 1.500 milioni di tagli – 1.000 milioni di tagli condonati = 500 milioni sottratti al sistema universitario in un anno. Sostenere il contrario significa “fare finta”, ed essere corresponsabili della progressiva distruzione delle Università pubbliche.
- È falso che la cosiddetta “riforma Gelmini” colpisca le baronie. Invece di indebolire alcuni consolidati assetti di potere, li rafforza decisamente: basta leggere il testo del disegno di legge per comprendere come, dalla gestione dei concorsi a quella del potere decisionale interno agli Atenei, si diano enormi poteri proprio a chi fino ad ora ha gestito il sistema. L’onnipotenza incontrollata e irresponsabile di un Consiglio di Amministrazione nominato e senza controllo è foriera di clientele di piccolo cabotaggio, che trasformeranno l’istituzione universitaria in una nuova incrostazione di poteri e di spreco di denaro pubblico, sul modello delle ASL. Sostenere il contrario significa “fare finta”, ed essere corresponsabili della consegna dell’Università pubblica in mano a consorterie di potere, siano esse private, pubbliche o confessionali.
- È falso che la cosiddetta “riforma Gelmini” avvantaggi i giovani e consenta loro di accedere presto ai ruoli universitari. Basterebbe leggerla per accorgersi che, al contrario, istituisce un lunghissimo precariato. Considerando anche il dottorato (3 anni), gli assegni di ricerca e i contratti di insegnamento a basso costo che questa legge non modifica in alcun modo, il periodo tra la laurea e l’accesso al ruolo per un giovane (ormai invecchiato) potrà facilmente oscillare tra 11 e 15 anni. Sostenere il contrario significa “fare finta”: condannare all’oblio chi già ora, da precario, ha sulle spalle buona parte del sistema e costringere alla emigrazione la migliore parte delle generazioni future.
- È falso che la cosiddetta “riforma Gelmini” agevoli gli studenti meritevoli. La realtà scritta nella legge è che lo Stato ritirerà quel poco e insufficiente sostegno che oggi concede per passare alla logica del credito agevolato. Questo, coniugato con la cronica piaga della disoccupazione giovanile, significa non sostenere l’alta formazione, ma piuttosto creare eserciti di giovani già indebitati con lo stato e con le banche prima ancora di aver trovato un lavoro. Sostenere il contrario significa “fare finta”, e decidere scientemente di trasformare quel che dovrebbe essere un “ascensore sociale” in un filtro per escludere le categorie svantaggiate.
- È falso che la cosiddetta “riforma Gelmini” valorizzi o semplicemente consideri coloro che hanno competenze certificate: circa 27.000 ricercatori universitari, la quasi totalità dei quali in possesso di dottorato di ricerca e con un’alta percentuale di pubblicazioni in sedi importanti italiane e straniere, vedono il loro ruolo posto ad esaurimento nell’ottica di un misero risparmio economico. E’ falso che vengano in qualche modo premiati dal fantomatico investimento sulla ricerca: dell’investimento aggiuntivo di 1.700 milioni di € promesso dalla maggioranza appena poche settimane fa per le progressioni di carriera (che nessuno vuole, se avulse da un piano concreto di reclutamento complessivo per la valorizzazione dell’Università e delle competenze in essa presenti), resta nel quadro attuale un ipotetico stanziamento di neppure 100 milioni, peraltro sottratti ai 1.000 del “condono” tremontiano. Sostenere il contrario significa “fare finta”: è ancora una volta il gioco delle tre carte, in cui si scommette sulla pelle dei ricercatori di ruolo, ai quali si chiede però sfacciatamente di mantenere in piedi il sistema svolgendo mansioni non dovute.
Se il DdL verrà approvato dalla Camera così come uscito dalla commissione, in moltissimi casi l’indisponibilità dei ricercatori alla didattica diventerà definitiva. Questo renderà sostanzialmente impossibile la prosecuzione dell’anno accademico nei primi mesi del 2011, dove sono stati spostati, per “fare finta” che tutto vada bene, i corsi tenuti in passato da ricercatori oggi indisponibili. Chi approverà questo disegno di legge avrà quindi anche la responsabilità di un tracollo immediato del sistema universitario, che sarebbe stato evitabile se solo si fosse dato ascolto alle voci provenienti dall’Università stessa, invece che alle bugie del ministro Gelmini e al controcanto degli “opinionisti interessati”, dei gruppi di potere delle università private e della Confindustria.
Per “fare futuro” occorre anche non avere paura di “fare presente” nelle giuste sedi tutto ciò che, nell’attuale provvedimento, mina senza appello il sistema universitario pubblico. E soprattutto, occorre smettere di “fare finta”, per iniziare a fare, davvero. I ricercatori ci sono: il sistema politico?