Mozione approvata dall’assemblea dei docenti della facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Salerno del 24 giugno 2010 relativamente ai provvedimenti normativi e finanziari riguardanti l’Università


I diversi interventi normativi, da parte dei Governi che si sono avvicendati alla guida del Paese negli anni, disegnano un quadro generale che vede l’Università sempre più soggetta ad attacchi tendenti a ridimensionare la missione di alta formazione, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico dell’ Università pubblica.
In particolare il DDL Gelmini per la riforma del sistema universitario, in discussione in Parlamento, non risolve il problema dell’invecchiamento del corpo docente. Anzi, esso ostacola l’ingresso dei giovani meritevoli in tempi brevi e ne prolunga inspiegabilmente il periodo di precariato (stimato in circa dieci anni), anche con l’istituzione dei ricercatori a tempo determinato. Infine, introduce organi di governo verticistici e un marcato ridimensionamento del potere del Senato Accademico rispetto a quello del Consiglio di Amministrazione e del Rettore. Di fatto, l’Università pubblica italiana sarà soggetta a logiche esclusivamente economiche a scapito di quelle culturali e scientifiche, che ne hanno invece contraddistinto nei secoli il punto di forza e di eccellenza. Tutti gli interventi normativi di “riforma” sono disegnati senza previsione di investimenti necessari a realizzare quanto previsto, ma confermando la tendenza a ridurne l’entità complessiva.
Le ultime leggi finanziarie sono state caratterizzate da consistenti e strutturali tagli al finanziamento degli Atenei pubblici, che il sistema non può sostenere, per poi intervenire con azioni compensative parziali e sperequative. In particolare vanno ricordati:
– il mantenimento dei tagli previsti dalla legge 133/2008, che porteranno nel prossimo futuro la maggior parte degli Atenei statali italiani al commissariamento;
– la legge 203/2008 (finanziaria 2009), che prevedeva un taglio di 730 milioni di Euro per l’anno 2010, in parte superato con una “una tantum” di 400 milioni di Euro;
– la legge 191/2009 (finanziaria 2010), che conferma gli stessi tagli.
L’entità del taglio al finanziamento è dunque di 1,3 Miliardi di Euro: si passa dai 7,3 miliardi di Euro del 2006 ai 6 miliardi di Euro per il 2012, con una riduzione di circa il 18%, senza tener conto degli effetti dell’inflazione e della perdurante crisi economica. Ciò in un contesto europeo in cui tutti i Paesi più avanzati, nell’ambito di manovre ben più importanti, aumentano in maniera significativa i finanziamenti all’Università.
In questo quadro, la manovra economica (DL n. 78 del 31 maggio 2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”) in discussione al Parlamento prevede anche un taglio complessivo della retribuzione dei docenti stimato dallo stesso Governo in 300 Milioni di Euro per il triennio 2011-2013 e in 543 Milioni di Euro per il triennio 2014-2016, producendo una riduzione strutturale complessiva di circa 1 Miliardo di Euro.
Pur non volendosi sottrarre ai necessari sacrifici imposti a tutti i cittadini dalla difficile situazione economica del Paese, si rimarca l’iniqua penalizzazione imposta ai docenti universitari: essi infatti, da soli, sosterrebbero il 2% dell’intera manovra pur essendo solo lo 0.2% della popolazione contribuente. Ad essi viene quindi richiesto un sacrificio circa 10 volte superiore a quanto mediamente richiesto agli altri contribuenti, palesando un carattere punitivo, sostenuto da luoghi comuni che tendono a rappresentare l’Università come luogo dell’arbitrio e del clientelismo generalizzato. La situazione è resa ancora più iniqua dalla circostanza che i sacrifici previsti, essendo perpetui, ricadranno in misura maggiore sulle spalle dei docenti più giovani e con retribuzioni minori. Anche i precari dell’Università vedono frustrate le loro legittime aspirazioni dal provvedimento della finanziaria che obbliga gli Atenei a cancellare il 50% dei contratti di ricerca in essere, per lo più finanziati con fondi provenienti da collaborazioni con il mondo dell’impresa privata. Inoltre l’estensione fino al 2015 delle limitazioni al turn-over introdotto dalla legge 133/08 renderà impossibile reclutare nuovi docenti e ricercatori in sostituzione di coloro che andranno in pensione, di fatto riducendo l’organico dell’università.
Tutti questi interventi tendenti a ridimensionare l’Accademia vengono giustificati con una valutazione negativa dei risultati prodotti da un’Università pubblica “sprecona e autoreferenziale”, non in grado di formare la classe dirigente né di produrre cultura e innovazione. Questo giudizio, peraltro, e’ difforme dalla reputazione di cui gode l’Università italiana in ambito internazionale, dove i suoi “prodotti” (laureati, pubblicazioni, brevetti ecc.) sono apprezzati e ricercati e dove sempre più spesso trovano accoglienza i “cervelli in fuga”. Questa paradossale diversità di giudizio rende improcrastinabile l’esigenza di definire un metodo di valutazione dell’operato dell’università che possa fornire elementi oggettivi sulla base dei quali andrebbero programmate le politiche di distribuzione delle risorse umane ed economiche.
Sulla base di questi elementi, l’Assemblea ritiene che le iniziative dei Governi che si sono avvicendati alla guida del Paese negli ultimi anni, l’ultima delle quali è il DDL Gelmini, siano del tutto inadeguate alle esigenze dell’Università pubblica italiana. Esse considerano infatti solo alcuni degli aspetti dell’organizzazione degli Atenei, dalle modalità di governo alle modalità di selezione dei docenti, ma non contengono elementi in grado di sostenere lo sviluppo del sistema universitario per mantenerlo competitivo con quelli dei Paesi europei più avanzati. Inoltre, gli effetti delle politiche economiche degli ultimi anni porteranno alla distruzione non solo materiale ma anche culturale ed organizzativa del sistema universitario, producendo nell’immediato futuro una perdita di competitività del sistema Paese che richiederà anni per essere recuperata.

L’assemblea, pertanto, decide di:
– dichiarare lo stato di agitazione permanente fino alla conclusione dei lavori parlamentari per l’approvazione della manovra finanziaria;
– sospendere gli esami di profitto e di laurea dal 28 giugno all’11 luglio;
– convocare una assemblea pubblica con gli studenti per giovedì 1 luglio per illustrare i motivi dell’agitazione;
– valutare ulteriori forme alternative di protesta che possano coinvolgere l’intero Ateneo;
– intraprendere iniziative tese a trasmettere all’esterno la missione dell’Università nella società della conoscenza per la produzione e trasmissione del sapere, le sue molteplici attività e il senso della protesta;
– riconvocarsi giovedì 8 luglio per valutare gli sviluppi che si saranno avuti nel frattempo.